Nel 2016, quando Aston Martin e Red Bull Racing annunciarono la loro bizzarra collaborazione per creare un’hypercar da urlo basata sulle idee del genio della Formula 1 Adrian Newey, allora chiamata AM-RB 001, si prometteva un bolide con prestazioni da pista mondiale.
Chi l’avrebbe mai detto?
Eppure, nel 2023, dopo un’avventura di sviluppo tortuosa e una produzione che ha preso il via solo alla fine del 2021, l’Aston Martin Valkyrie è finalmente una realtà palpabile, pronta a invadere i garage di facoltosi appassionati disposti a sborsare cifre a sette zeri per questa belva.
Ma quanti di questi magnati possono vantare sia il portafoglio necessario (un prezzo di 3 milioni di euro si traduce in uno 0,001 – 0,0001% della popolazione mondiale) che l’esperienza in pista per domare un mostro così estremo?
Stiamo parlando di un’auto che sfoggia ben 1160 CV grazie al suo V12 ibrido Cosworth, il tutto contenuto in un corpo da soli 1.270 kg, secondo quanto dichiarato da Aston.
La promessa iniziale di Newey, quella di far raggiungere alla Valkyrie velocità degne di una LMP1, è stata un po’ smorzata durante un percorso di gestazione lungo e tortuoso, che ha visto passare ben tre CEO di Aston al timone del progetto.
Ora, le prestazioni più estreme sono riservate alla versione Valkyrie AMR Pro, che sfoggia pneumatici slick e può generare fino a 3,5G di forza laterale. Roba da far impallidire qualsiasi pilota!
Eppure, anche nella sua versione “normale” per le strade, la Valkyrie è senza dubbio l’auto più rapida e estrema che sia mai stata autorizzata a sfoggiare un numero di targa.
Chissà a cosa penserai quando la vedrai sfrecciare accanto a te?
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Aerodinamica pazzesca e sospensioni futuribili: la Aston Martin Valkyrie è un’opera d’arte ingegneristica
Oltre al mostruoso V12, la Valkyrie sfoggia una miriade di caratteristiche tecniche al limite della fantascienza. Ha sospensioni attive che cambiano la forza di smorzamento a ogni curva e regolano l’altezza dell’auto mentre si guida.
In modalità Track, l’auto si abbassa per migliorare la deportanza, e grazie a sofisticati elementi aerodinamici attivi davanti e dietro, nonché altri due elementi negli enormi tunnel del diffusore, la Valkyrie può generare fino a 1.097 kg di deportanza tra i 217 km/h e la velocità massima di 354 km/h.
Poteva fare di più, ma a quanto pare i pneumatici stradali hanno i loro limiti.
Infiltrarsi nell’abitacolo: un’impresa degna di un contorsionista
Anche se la Valkyrie sfoggia orgogliosamente una targa britannica piuttosto sgraziata, il nostro primo incontro e giro su questa bestia si è svolto al Bahrain International Circuit, giusto qualche settimana prima dell’inizio della stagione di Formula 1 del 2023.
Questa location ci ha impedito di scoprire come la Valkyrie si comporti nel traffico reale, ma ci ha permesso di testare questa macchina incredibile in un ambiente dove si sente decisamente a casa.
La Valkyrie può essere omologata per la strada, ma di certo non è un’auto che molti definirebbero “da passeggio”.
È evidente fin dal primo tentativo di entrare nell’abitacolo. La visione intransigente di Newey ha privilegiato le prestazioni aerodinamiche e la riduzione del peso rispetto alla seccatura di dover ospitare persone al suo interno.
L’abitacolo è angusto e incastonato nel profondo di una sagoma che, avvicinandosi, si scopre essere principalmente costituita da enormi vuoti e condotti d’aria.
L’ingresso avviene attraverso ciò che sembra più una finestra ad ala di gabbiano che una porta vera e propria, il che richiede di stare in piedi alla base del sedile e poi scivolare verso il basso, assumendo una posizione che mette le caviglie all’altezza della parte posteriore.
Il volante si sgancia per agevolare l’ingresso e la pedaliera è regolabile, ma tutto il resto è fisso. Per lasciare abbastanza spazio per indossare un casco, ho dovuto rimuovere l’imbottitura inferiore del sedile.
Frenare come un pro: i limiti della Aston Martin Valkyrie sul tracciato
Annullare le velocità mozzafiato della Valkyrie è un gioco da ragazzi per i suoi potenti freni, anche se il pedale sembra un po’ inerte all’inizio della corsa.
Si avverte una leggera morbidezza durante le frenate più intense e prolungate, ma ciò non compromette la decelerazione – neanche quando si passa dai 297 km/h ai 64 km/h necessari per affrontare la stretta curva 1 del circuito di Bahrain.
Va detto che, al mio arrivo, la Aston Martin Valkyrie aveva già affrontato alcuni giri con altri piloti, il che potrebbe spiegare un po’ di affaticamento nei freni.
L’auto ha anche ridotto il regime di giri un paio di volte sul circuito, apparentemente a causa dell’aumento delle temperature di raffreddamento dovuto al caldo esterno; dopo aver proceduto con una marcia più alta per un paio di rettilinei, è tornata alla normalità.
Maneggevolezza da urlo: la Valkyrie in pista
Non pensate che la Aston Martin Valkyrie sia solo una scheggia impazzita: l’Aston Martin dimostra un’agilità incredibile tra le curve del circuito. L’aderenza dei pneumatici stradali è l’unico vero limite in un contesto del genere.
I Michelin Pilot Sport Cup della Valkyrie devono dare il massimo nelle curve più lente e strette, sia per far girare l’auto, sia per garantire trazione in fase di accelerazione.
L’aderenza generale è un po’ inferiore rispetto a quella offerta da una Radical SR10 con gomme slick, ma lo sterzo della Aston Martin Valkyrie resta preciso e comunicativo a qualsiasi velocità. Anche con il controllo di trazione variabile ridotto – una funzione disponibile in modalità Track – l’auto non si dimostra nervosa quando viene spinta oltre i limiti o addirittura provocata intenzionalmente.
A velocità sostenute, l’aumento rapido e tangibile della deportanza assicura grande stabilità nelle lunghe curve del circuito di Bahrain.
Aston sostiene che la Valkyrie possa raggiungere fino a 2G di forza laterale sui pneumatici Cup 2 grazie alla deportanza, ma le sospensioni attive fanno in modo che l’auto non sembri mai a corto di corsa delle ruote, anche quando le forze aumentano.
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L’ironia della Aston Martin Valkyrie: tra compromessi stradali e divertimento in pista
Curiosamente, il fascino della Aston Martin Valkyrie come auto da pista potrebbe derivare dai compromessi insiti nella sua pretesa legalità stradale, pur sapendo che potrebbe risultare piuttosto limitata nel mondo reale.
L’esperienza di salire sulla supersportiva Aston Martin Valkyrie AMR Pro subito dopo aver guidato il modello standard ne è la prova. L’anno scorso, a Homestead, ho fatto un giro da passeggero con l’ex campione del mondo di Touring Car Andy Priaulx, mentre stavolta il mio pilota era il veterano di Aston (e recente vincitore della 24 Ore di Daytona) Darren Turner.
Il giro è stato indubbiamente più veloce rispetto a quando ero al volante, ma, nonostante la scarica di adrenalina, è risultato anche meno divertente.
La capacità della AMR Pro di generare ben 2.700 kg di deportanza al massimo, grazie ai pneumatici slick, e di raggiungere un’incredibile forza laterale di 3,5 G è stupefacente, ma non è certo confortevole, specialmente per chi non ha trascorso mesi a rinforzare i muscoli del collo e ad abituarsi a tali forze G.
Nel caso improbabile che mi venisse data la possibilità di scegliere tra le due, opterei per un giro sulla Valkyrie standard.
La Valkyrie e il divorzio tra genitori: Aston Martin e Red Bull
L’interminabile programma di sviluppo della Valkyrie ha fatto sì che il suo debutto avvenisse dopo che i suoi “genitori” si fossero già separati.
La decisione di Aston Martin di diventare un costruttore di Formula 1 indipendente ha effettivamente chiuso la collaborazione con Red Bull, e ora il team di corse sta sviluppando autonomamente la prossima creatura di Newey: la ancor più estrema Red Bull RB17, esclusivamente dedicata alla pista, che promette di eclissare perfino le prestazioni della AMR Pro.
Ci auguriamo che i 150 fortunati proprietari della Valkyrie ne facciano buon uso e che Fernando Alonso, attuale pilota Aston Martin, ci regali momenti indimenticabili al volante.